Mat. 2019. Coscienza dell’uomo – Città senza tempo

Paesaggio urbano attraverso la fotografia a foro stenopeico (senza obiettivo). Intensa riflessione di Beppe Bolchi, che affonda le proprie radici ideologiche e culturali indietro nel Tempo (in Maiuscola consapevole, oltre che volontaria), arrivando addirittura ai primi istanti della fotografia. Immagini che accostano la fissità dei luoghi e delle architetture con la traccia del passaggio di persone. Percezione della loro presenza, ma non la loro figura.

Città senza Tempo (in questa grafia, che eleva il “Tempo” a valore sovrastante e coinvolgente): la città rappresentata in questo modo restituisce la valenza di case, edifici, arredi, quasi fini a se stessi, pur se disegnati e realizzati in funzione dell’Uomo. Quasi una rivincita: con i propri tempi di posa lunghi (allungati), con le proprie visioni pensate e non rubate, l’antica tecnica del foro stenopeico fa in modo che sia la città stessa a entrare nell’immagine, a specchiarsi, ad aprirsi e rappresentarsi nella propria realtà, semplice o complessa, piacevole o meno bella, con prospettive assolutamente naturali, non falsate da obiettivi che codificano, stringono, allargano e quindi -in qualche misura- alterano i luoghi stessi.

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Gli abitanti, le persone, gli animali sono solo fantasmi, tracce di un passaggio che c’è oggi e che c’era ieri e ci auguriamo ci sarà domani. Quello che viene impressionato stabilmente sulla pellicola [a sviluppo immediato: Polaroid 55, con negativo recuperabile per la stampa a ingrandimento] sono invece le architettura che l’Uomo ha costruito e che l’Uomo può sì distruggere, ma che per il solito gli sopravvivono, testimoni di vite presenti e passate, contenitori di esistenze, di passioni, di dolori, di entusiasmi che via via si dissolvono, lasciando il posto ai ricordi e alla Storia. La città rimane in silenzio, ascolta, avvolge, protegge, a volte schiaccia e stritola chi non riesce ad adeguarsi ai ritmi imposti dai suoi simili, non certo da mura e cancelli erti per proteggere e conservare.

Pur non restituendo i minimi dettagli consentiti dagli obiettivi sempre più tecnologici, la fotografia a foro stenopeico (pinhole) riesce nell’intento di rendere l’atmosfera, unitamente a una assoluta leggibilità dei luoghi; una visione quasi onirica, ma comunque reale, che -pur scatenando approcci creativi diversificati- riesce sempre a rendere efficacemente la realtà, offrendo nuovi spunti di visione e analisi.

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Il percorso di questa visione e interpretazione fotografica si snoda attraverso nazioni e città diverse tra loro, accomunate, però, dalla notazione autobiografica. Infatti, si tratta di un viaggio a ritroso nel tempo (dell’autore Beppe Bolchi), che ha rivisitato luoghi cari, che in qualche modo hanno segnato la sua vita. Luoghi nei quali ha trascorso istanti o anni, però tutti significativi del percorso stesso della sua esperienza, dei successi, delle difficoltà, delle sfide. Un tragitto che non è ancora terminato, e quindi è in qualche modo un work-in-progress, seppur già celebrativo di cinquanta anni trascorsi a stretto contatto con la Fotografia, dalla prima Bencini agli attuali apparecchi digitali.

Italia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Scozia, un viaggio nel mondo Occidentale pilotato dalle esperienze familiari e professionali che sono sempre diventate anche esperienze di Vita ed Esistenza.

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Non solo architetture, ma luoghi, quelli frequentati nel Tempo e ricordati come punti di riferimento. Dove è nato, dove è cresciuto, dove ha studiato e lavorato, dove ha conosciuto e incontrato gli amici, dove ha formato una famiglia. Luoghi legati alla memoria intrinseca, che sono sì parte della città, ma sono soprattutto elementi del suo vissuto che non vuole dimenticare; anzi, che intende far rivivere, quasi eternare.

Una biografia per immagini, raccontata con la genuinità e spontaneità di un mezzo antico come l’originaria camera obscura e il foro stenopeico, riprodotta su un supporto altamente tecnologico: pellicole polaroid a sviluppo immediato.

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