Intervista all’architetto fotografo Oliviero Godi

Abbiamo avuto di intervistare Oliviero Godi, un architetto e insegnante di architettura presso diverse università italiane, appassionato di fotografia in grado di realizzare romantici scatti grazie al TAMRON 20mm F2.8 Di III OSD M1:2.

Oliviero è un fotografo curioso che ama le sfide e sperimentare, prediligendo l’aspetto concettuale e progettuale della fotografia. La sua ricerca mira a creare un filo narrativo tramite una sequenza di immagini al fine di raccontare una storia, laddove una singola foto non sarebbe in grado di narrare.

Parlaci del tuo stile.

Credo che lo stile nel mio caso sia più legato ad una certo modo di creare la narrativa. Non credo molto nelle singole bellissime immagini delle quali se ne trovano letteralmente a migliaia su internet. La difficoltà per me è essere coerenti e consistenti con l’idea iniziale, con quello che voglio raccontare. È forse nel taglio che do al racconto che si può trovare un certo modo di fare, uno “stile”. 

Probabilmente io “guardo” con occhi da architetto e la composizione ne risente in quanto le linee compositive hanno sempre un rimando geometrico importante. La presenza di vuoti, di ombre e di masse è quasi istintivo nel mio fare fotografico, spesso inconscio.

Quando mi capita di fare street photography (non disdegno alcun genere) cerco di cogliere la contraddizione, l’errore, il pezzo mancante o stridente nella composizione.

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Quando fotografi, quali sono le sfide che devi affrontare maggiormente? E come l’attrezzatura che hai scelto ti supporta nel superare queste sfide?

Siccome sperimento molto, la sfida maggiore è gestire tutte le variabili nuove per arrivare al risultato che mi ero prefissato. Spesso esco a fotografare una modella sapendo solo dove lo voglio fare, poi al momento studio la luce e il contesto per arrivare a un risultato che mi soddisfi.

Mi piacciono anche i risultati inaspettati che comunque derivano da una apertura verso l’accidente che deve essere pensata, non accidentale. Non so se riesco a spiegarmi…

L’attrezzatura deve essere “solida”, nel senso che non introduca ulteriori problemi oltre tutte le variabili da gestire. Banalmente alla mia età (62 anni) con la vista che piano piano peggiora, avere obiettivi autofocus affidabili, precisi e veloci è molto importante per evitare di gettare troppe foto.

Come è iniziato tutto? Cosa ti ha spinto a diventare un fotografo?

Sono un viaggiatore (soprattutto per lavoro) e poi da architetto la fotografia è parte integrante del mio lavoro e del mio modo di vedere il mondo. Ultimamente mi piacciono molto quelli che chiamo “ritratti architettonici”, l’unione del ritratto con spazi che abbiano una qualità architettonica e ambientale interessante. Sono fotografie dove l’equilibrio tra la persona e il contesto è molto delicato e la proporzione o importanza dell’uno o dell’altro è difficile da definire e questo mi stimola molto.

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C’è qualche fotografia in particolare che vuoi descrivere? Una che adori per come sei riuscito a realizzarla oppure una che senti maggiormente tua.

Lavorando in molti ambiti diversi ci sono molte foto che trovo interessanti, una tra le tante questa che allego relativa ad un lavoro per una multinazionale nel capo della chimica e dei filati sintetici che mi ha commissionato alcune foto per una loro campagna Instagram.

Ho creato una allegoria dove alcune rocchette di filato sintetico colorato sono diventati dei bigodini tra i capelli (parrucca) di una modella dai tratti importanti, ambientato in un ambiente industriale dove degli aspiratori di fumi da verniciatura sono diventati dei caschi da parrucchiere.

Nell’immagine quindi c’è questa disgiunzione creata da un uso inconsueto delle rocchette di filato che obbligano a riflettere su quello che si vede, implicando quindi lo spettatore nell’allegoria. 

Cosa ti ha spinto a scegliere Tamron per il tuo lavoro/passione?

Avevo letto diverse recensioni molto positive sulle nuove lenti Tamron (io non uso zoom, quindi mi piace avere una serie di lenti che coprano le mie varie necessità) e ho colmato alcuni gap con il 24 mm e il 35 mm Tamron nella versione per Sony E mount Di III OSD. Li ho trovati veloci come autofocus, molto molto buoni come qualità delle ottiche e sorprendentemente fantastici per la loro qualità macro (1:2) non eccessivamente spinta. Non ho provato le lenti “lunghe” ma mi riprometto di farlo a breve.

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